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Il mio Dio
Per una Religione Naturale non dogmatica




El Abdul
Diario



LA VIA DELLA RICERCA

ORIENTAMENTO :
VERSO UNA NUOVA SPIRITUALITA’  




L ‘ Universo fu originato dal nulla da un unico punto di luce.
Questo nulla è chiamato il Mondo Senza Fine.
Il Mondo Senza Fine era colmo di Luce infinita.
La Luce poi si contrasse in un unico punto originando uno spazio primordiale.
Al di là di questo punto non si conosce nulla.
Dunque tale punto è chiamato l’ inizio.
Dopo essersi contratto, il Mondo Senza Fine emanò un raggio di luce.
Questo raggio, poi, si espanse.
Tutta la materia ebbe origine da quel punto.


Il cabalista Rabbino Isaac Luria, XIV secolo


 



L’azzurro manto del cielo, oggi, era solcato da cumuli vaganti di bianche e grigie nuvole, ed un vento, né forte, né debole, le sospingeva da ovest verso est, mentre i lenti e pensanti passi di El Abdul erano diretti, nuovamente, verso la fonte nativa della Vita.
Raggiunto, quindi, il fontanile, El Abdul si è seduto su di una robusta pietra, e, nell’osservare il farsi del Tempo come solo nel Corpo della Natura esso può farsi, il suo pensiero è tornato a Dio ed alla Sua misteriosa indicibilità.
Che Dio non  fosse Persona, ma occulto Mistero, non presupponeva, comunque, che Egli fosse radicalmente distante ed irraggiungibile; ed El Abdul, anzi, aveva imparato, nel Tempo della esperienza, ad accostarsi a Lui attraverso la visione e l’ascolto in profondità della Natura stessa, cioè del Suo Corpo creato.
In tal senso El Abdul percepiva Dio come infinita Energia, come Motore Primo che alimenta, con compiuta intelligenza, l’incessante divenire dell’Universo Tutto.
La forza del Vento,  così come quella dell’Acqua che, in virtù delle intense pioggie dei giorni precedenti, copioso scaturiva dalla bocca del fontanile, evocavano, quindi, nell’ animo di El Abdul, la misteriosa Presenza di Dio come fonte energetica e primaria di ogni divenire.
Al di là, poi, della grigia coltre di nubi, El Abdul intuiva, anche, la Sua ineffabile Luce, proprio così come, con moto interiore, riusciva ad intravedere la Luce del Sole che, pur non visibile, andava compiendo il suo quotidiano arco di via nella umida volta d’un malinconico cielo.
Ma ecco che da questo stesso cielo, fattasi compatta ed oscura la coltre di nubi in esso vagante, discendere, impetuoso e costante, un fitto scroscio di pioggia.
Ad El Abdul non restava, allora, che volgere i suoi passi lungo la via del ritorno, e, copertosi alla meglio il capo ed il corpo, con passo spedito si è inoltrato lungo uno stretto e pietroso sentiero che, a breve, con il farsi dell’inverno e dell’ intensificarsi delle pioggie, sarebbe diventato un cantilenante ruscello.
Ed un rigido e nevoso inverno era, ormai, alle porte del Tempo.


Oggi, nel cuore dell’ inverno, il sole irradiava i suoi caldi raggi senza trovare ostacoli in nuvole vaganti; il cielo, infatti, limpido e sereno, spaziava da Nord a Sud con una aperta ed azzurra estensione, mentre un teso vento offriva al respiro un sano ed essenziale nutrimento.
I passi di El Abdul solcavano un sentiero a serpentina che, attraversando la densità corposa di un bosco, tendeva verso l’alto, aprendosi, infine, ad un versante roccioso che, guardando verso oriente, donava allo sguardo una ampia veduta di vicini e lontani monti, immersi, questi ultimi, in un templare ed innevato silenzio.
A Terra un manto crepitante di foglie, ed El Abdul amava particolarmente la varietà dei bruni colori, marroni e gialli, dati dal fogliame, dai tronchi degli alberi e dalla Terra stessa, ed un tale insieme di materia, tanto esile quanto robusta, dando colore e sostanza al Corpo della Natura, induceva El Abdul a percepirla, per similitudine, come appartenente al suo proprio corpo.
Un tale sentimento, poi, di ricongiungimento e di comunione, con un movimento in profondità, permetteva ad El Abdul di svelare, nel fondo di un tale magma di materia, sospeso in magico equilibrio tra ordine e disordine, la misteriosa presenza di Dio, come forza primaria che teneva unite, mettendole in relazione, le membra dell’ insieme degli infiniti corpi, che animano l’ incessante farsi e disfarsi, nel Tempo, dell’ Universo Tutto.
Scosso da un tale pensiero El Abdul ha sentito, all’ istante, la necessità di arrestare il suo passo, e, ritrovandosi nel cuore del bosco, ha osservato come questo fosse costituito da una fitta varietà di alberi, e, sempre per similitudine, ha pensato conseguentemente, come miliardi di individui che popolano l’ azzurro pianeta Terra, dessero parimenti sostanza, se ricondotti ad una  interiore unità, al Corpo compatto d’ una variegata e multiforme Umanità.
El Abdul, allora, mosso da una pulsione istintiva, ha cinto le braccia attorno ad un albero e, mentre il raggio del sole filtrava tra i rami denudati dal rigore invernale, creando, così, ancestrali condense di luminescenza, ha assimilato in profondità  la corporea robustezza dell’ intero bosco.
Forte d’ una tale robustezza è lievitata, allora, dalla coscienza di El Abdul una fondante intuizione : la Natura è l’ unico Tempio nel quale possa accadere il felice Evento di una Comunione, tale da riconciliare l’ Uomo al Corpo della Umanità ed al Corpo del Tutto, elevandolo verso Dio ed il Suo insondabile Mistero.


Oggi un teso ed irresistibile vento solcava la volta del cielo, percuotendo le piante e spazzando via quei cumuli di nubi che solo il giorno prima avevano partorito un denso fioccare di candida neve.
El Abdul percepiva intensamente, con la forza, il sibilo del vento, perché, come il fuoco, gli donava energia, anzi, anche più del fuoco, perché se questi induceva alla sosta, il vento, al contrario, stimolava al movimento.
La voce ed il trascinamento del vento poi, gli rammentavano quel dire del Cristo che, parlando con Nicodemo, un capo dei Giudei, il quale gli chiedeva come fosse da intendere lo Spirito, rispose: “…in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”.
Parole significative, queste ultime soprattutto, per El Abdul, in quanto ogni suo attraversamento del Corpo della Natura, pur consolidandosi lungo abitudinari sentieri, mai sembrava avere una destinazione certa, confermando, così, quel non sapere da dove venire e dove andare.
La meta, infatti, era sempre la stessa ma solo nel senso di una ricerca interiore, tesa come era, ad evocare un profondo sentimento di ricongiungimento e di comunione con la Natura.
Ma tornando a rimeditare, nel corso del suo incedere tra sole e vento, la risposta del Cristo a Nicodemo, El Abdul percepiva incertezza riguardo al suo dire:    “…Quel che è nato dalla carne è carne, e quel che è nato dallo Spirito è Spirito”.
El Abdul, infatti, pensava che non sarebbe possibile parlare di Spirito se l’ Uomo non fosse presente in quanto Corpo e, di conseguenza, riteneva puramente formale la separazione tra dimensione materiale e soffio spirituale.
Solo nell’atto estremo della morte, ha continuato a pensare El Abdul, l’ Energia spirituale che in vita ha attraversato il Corpo dell’ Uomo, lo abbandona, per salire verso quell’alto che è in ogni dove ed in nessun Luogo.
Essendosi fatto, nel mentre, il sibilo del vento più freddo ed intenso, El Abdul, allora, ha deciso di avviare un Fuoco, e, trovato il Luogo tra robuste pietre, dopo aver raccolto una fascina di legna secca, si è riscaldato alla luce della sua viva fiamma.
L’ intensità del raggio solare sembrava smaterializzare, come innumerevoli altre volte, le lingue danzanti del fuoco che, in virtù delle tese folate di vento, si piegavano per ogni dove, crescendo di volume e di intensità.
Ecco, ha pensato allora El Abdul, il soffio del vento alimenta la fiamma del Fuoco proprio così come l’ invisibile alito dello Spirito attraversa, irrobustendolo, non solo l’Animo ma anche il Corpo dell’ Uomo.
La voce e la forte mano del vento, poi, hanno accompagnato El Abdul anche lungo la via del ritorno, sospingendolo, tra cielo e terra, verso il vermiglio declinare del sole.
Un altro giorno stava per morire, d’ una morte apparente, ovviamente, perché dove sussiste Presenza nel Luogo del Tempo, il flusso del Tempo stesso mai s’ arresta, ed il tenue cinguettio degli uccelli sembrava prematuramente  annunciare l’ avvento d’una attesa e prossima primavera.


Dopo mesi di lontananza, cioè l’arco temporale disegnato da una calda e solare primavera, oggi El Abdul è tornato, nuovamente, a ripercorrere i suoi abitudinari, e pur sempre nuovi, sentieri montani.
Da un cielo, per lo più grigio, emanava un caldo umido e afoso, a tratti attraversato da un pallido raggio del Sole.
Si era nel cuore dell’estate,e, data la intensità della calura, El Abdul aveva deciso di volgere i suoi passi verso la sorgente perenne della Vita, cioè l’Acqua.
La sua sosta al limitare del fontanile è stata, anche in questa circostanza, meditante e concentrata, e senza una motivazione immanente, il suo pensiero è volato verso Dio e la sua misteriosa Presenza.
A volte capitava ad El Abdul, infatti, di rivolgersi a Dio con una domanda perentoria ed invocante; El Abdul, cioè, rivolgendo lo sguardo al cielo, chiedeva a Dio di manifestarsi donandogli, così, un segno visibile della Sua ineffabile Presenza.
Ma, come sempre, la sua richiesta restava senza risposta, un profondo silenzio seguiva, necessariamente, alla sua domanda.
Di quel silenzio, però, dopo un breve momento di sgomento e solitudine, ecco emergere, presenti ed inequivocabili, i suoni ed i canti della Natura: il vertiginoso ed estivo frinire delle cicale, il cinguettio lieve degli uccelli, l’intenso verde della vegetazione circostante, il lontano nitrito dei cavalli, i variegati colori dei fiori, il suono intermittente dell’Acqua ed il riflesso d’un nebuloso cielo sulla limpida e specchiante sua superficie.
El Abdul, allora, si diceva, ed a lui, in verità, pareva che Dio gli dicesse:" Ecco, io sono in tutto ciò che di stupore ed incanto ti dona il paesaggio circostante, ma io sono anche nel morso della vipera ed in ogni male che ti possa attraversare, io sono con te ogni volta che tu sei con me, sempre ed ovunque, beato e dannato Uomo della Terra".

2016 - ©Benedetto Simonelli

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